Il giudice distrettuale Amit Mehta ha sentenziato: Google ha agito come monopolista, violando la Sezione 2 dello Sherman Act. Ovvero, la più antica legge sull'antitrust USA per limitare i cartelli. Si possono trovare tutti i riferimenti e i dettagli nel documento ufficiale condiviso dal New York Times.
La decisione della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto di Columbia è già stata definita storica dagli analisti e dagli osservatori degli equilibri del settore tech. Grazie a questo passaggio, infatti, si dà ragione a chi accusa Google di aver abusato della sua posizione nel settore della search online.
Posizione che è stata guadagnata anche pagando ingenti somme per rendere il motore di ricerca di Mountain View quello predefinito sui browser degli smartphone Apple e Samsung (fonte Bloomberg).
Secondo il giudice Amit Mehta di Washington, ben 26 miliardi di dollari sono stati pagati dalla Alphabet Inc. per bloccare l'azione di altri concorrenti sulle opzioni principali degli smartphone più diffusi sul mercato. Il tutto a discapito di competitor nel settore della ricerca web come Bing di Microsoft.
Judge Amit Mehta in Washington said that the Alphabet Inc. unit’s $26 billion in payments to make its search engine the default option on smartphones and web browsers effectively blocked any other competitor from succeeding in the market.
Il Dipartimento di Giustizia ha avviato la causa nel 2020 rispetto al dominio delle ricerche online conquistando quasi il 90 % delle query. Anche per questo, Jonathan Kanter - principale funzionario antitrust del Dipartimento di Giustizia - ha confermato al New York Times che questo è un passo fondamentale per concedere il libero accesso alle informazioni. E per dare spazio alle innovazioni.
Come prevedibile, Google non accetta di buon grado la sentenza e decide di fare ricorso. Le parole di Kent Walker, presidente degli affari globali di Google, sono chiare e le riprendiamo da abcnews.com:
"This decision recognizes that Google offers the best search engine, but concludes that we shouldn’t be allowed to make it easily available (...) Given this, and that people are increasingly looking for information in more and more ways, we plan to appeal".
Secondo Mountain View, la sentenza riconosce che Google offre la migliore soluzione di ricerca ma conclude che non dovremmo renderla disponibile in modo semplice. Per questo, gli uffici legali di Google hanno intenzione di procedere con il ricorso continuando a fornire servizi di qualità per gli utenti.
Al momento, è ancora presto per parlare di ripercussioni per i prodotti e i servizi Google dato che si tratta di un primo (ma importante) passo che verrà contestato nelle sedi legali. Nello specifico, il 9 settembre in Virginia si terrà il prossimo passaggio giudiziario. Diversi dirigenti senior di Microsoft hanno espresso soddisfazione rispetto a questo aggiornamento e hanno individuato dei possibili spiragli per Bing.
Il quale potrebbe diventare il motore di ricerca predefinito dei dispositivi Apple. Ma la sfida non è solo tra prodotti dello stesso settore, questo è un periodo di innovazioni e all'orizzonte si intravede SearchGPT.
Ovvero un nuovo modello di motore di ricerca che vede sempre la partecipazione di Microsoft, un protagonista nello scenario dell'intelligenza artificiale generativa che potrebbe essere presente su tutti gli smartphone. Forse, tra 5 o 10 anni sarà questo il nuovo monopolista del settore della ricerca online?
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