Il valore delle parole nell’emergenza coronavirus.

Mar 12, 2020

“Le parole sono importanti”, diceva Nanni Moretti in un film di ormai oltre trent’anni fa. Anche se è passato molto tempo, il concetto è valido ancora di più oggi, ai tempi del coronavirus. In questo Caffettino infatti parliamo del valore delle parole in un momento in cui c’è bisogno di chiarezza, da parte di chi come noi lavora nel mondo della comunicazione. All’inizio di quella che ormai è una pandemia, c’era chi affermava che il coronavirus fosse come un’influenza e non solo: oltre agli esperti della materia, ogni comunicatore trattava il tema a suo modo, anche usando dei vocaboli propri. Ma viviamo in un’epoca in cui le parole spesso sono sminuite e deformate.


Se da un lato cerchiamo di rendere comprensibili i fatti, dall’altro ciascuno finisce per utilizzare un proprio vocabolario, fatto magari di inglesismi o di parole che generano equivoci linguistici digitali: influenza, influencer, video virale, virus virale, contatto, contagio. Sono alcuni esempi di vocaboli che possono creare incomprensioni per le persone che non lavorano nel mondo digitale e della comunicazione: spesso gli addetti ai lavori pensano che tutti comprendano il loro il linguaggio e che la pensino come loro, ma ad esempio una persona di mezza età o anziana può fraintendere il significato di ciò che viene detto o scritto, confondendosi le idee.


A prescindere dal fatto che a parlare sia un esperto o una persona di poco rilievo su Youtube o sui social, bisogna tenere presente che non tutti hanno i requisiti, i vocabolari e gli strumenti per comprendere determinati contenuti. E non tutti conoscono i principi della comunicazione, come ad esempio la retorica. Oltre al fatto che viviamo in una modernità liquida, come la definiva il sociologo Zygmunt Bauman, in cui le cose si evolvono rapidamente insieme al linguaggio, che cambia anche in base al contesto culturale degli individui. E in questa condizione, la comprensione dei contenuti diventa ancora più incerta. Perciò cosa può fare chi lavora nella comunicazione?


Sicuramente il compito degli imprenditori e dei comunicatori è smettere di diffondere la paura e l’incertezza della comunicazione. In particolare, dobbiamo tornare a una realtà oggettiva, anche se non ottimistica. Perché l’ottimismo ci porta a rimanere fermi, nell’ottica di un domani migliore. Al contrario, dovremmo essere positivi, agendo concretamente e con calma ogni giorno. E poi dovremmo evitare di sovraccaricare la nostra comunicazione di paroloni senza fare esempi concreti. Quindi approfittiamo dell’emergenza coronavirus tornando a parlare di cose reali, trasformando le parole in atti di responsabilità, per fare in modo di essere comprensibili a tutti.


E voi cosa ne pensate?


Fatemelo sapere scrivendo a [email protected]


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