Perché la Disney è in crisi negli USA?

Jan 21, 2024

Negli Stati Uniti d'America tira aria di crisi per la Disney e sembra che la causa sia il Woke, il politically correct estremo. Una tendenza che ha portato lo storico brand USA a rivedere e adattare diversi prodotti. Ma anche la produzione dei nuovi film di animazione non brilla, a parlare sono i dati d'incasso di Wish.

"Il film in 4 settimane (dicembre 2023, NdA) sembra aver esaurito il suo incasso arrivando a 50 milioni di dollari, molto meno delle attese. Per fare un paragone il grande successo Frozen II, uscendo a sua volta il 22 novembre del 2019, al suo quarto weekend aveva incassato 288 milioni di dollari".

Questi sono i dati confermati da Il PostAlla fine, di fronte a un investimento di 200 milioni di dollari ne ha incassato solo 180 a livello globale sottolineando un punto: le principesse Disney sono in crisi. Il sospetto è che l'estrema attenzione al politically correct abbia influenzato questa tendenza.

Il nuovo ciclo della Disney

Da diverso tempo, come ricorda The Guardian, la Disney è impegnata in un'opera di riscrittura dei suoi prodotti e di adeguamento dei parchi tematici. Obiettivo: abbandonare segnali di sessismo e razzismo presente in modo più o meno diretto in ciò che porta la firma dello storico brand.

Questo avviene aggiungendo disclaimer di 12 secondi sui film di animazione, anche quelli presenti su Disney+, che sottolinea un punto: “These stereotypes were wrong then and are wrong now”. E continua:

"Rather than remove this content, we want to acknowledge its harmful impact, learn from it and spark conversation to create a more inclusive future together".

Su storiesmatter.thewaltdisneycompany.com c'è una sintesi di ciò che riguarda la capacità e la volontà della Disney di riconoscere l'impatto dannoso di alcuni contenuti e avviare una conversazione per creare dei prodotti che riflettono la ricca diversità dell'esperienza umana in tutto il mondo.

La lista dei prodotti incriminati è lunga. Si inizia dagli Aristogatti dove è presente un gatto con i tratti asiatici e si continua con Peter Pan, Dumbo, Biancaneve e Cenerentola. Senza dimenticare Aladdin. 

 

L'opinione del CEO Bob Iger

A sottolineare la necessità di una riflessione su questo aspetto (e non solo dato che ha indicato anche nell'eccesso di sequel uno dei possibili motivi di crisi) è Bob Iger. Che è tornato a ricoprire la carica di amministratore delegato della Walt Disney Company nel 2022, dopo essere stato CEO dell'azienda dal 2005 al 2020, ricoprendo la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione fino al 2021.

All'evento DealBook Summit del New York Times, Bob Iger ha sottolineato alcune possibili cause della crisi in atto. In primo luogo bisogna ridurre il numero per concentrarsi sulla qualità. Ma non solo:

"Creators lost sight of what their No. 1 objective needed to be. We have to entertain first. It’s not about messages (...) I like being able to entertain if you can infuse it with positive messages and have a good impact on the world. Fantastic. But that should not be the objective. When I came back, what I have really tried to do is to return to our roots".

I creatori hanno perso di vista - sottolinea Bob Iger - l'obiettivo principale dell'animazione Disney: creare intrattenimento e non mandare messaggi. Riuscire a fare le due cose insieme è fantastico. Ma questo non deve essere il punto di arrivo. Tornare alle radici è ciò che vuole fare il CEO Bob Iger.

La reazione del pubblico

Mentre aumentano le proteste rispetto a ciò che riguarda l'adeguamento dei prodotti Disney al politically correct, si inasprisce la crisi dei risultati perché una parte del pubblico sembra non gradire questo eccesso di attenzioni. In effetti la Walt Disney Corporation si trova al centro di una tempesta perfetta.

Rischia di non accontentare nessuno mentre fa equilibrismo tra il politically correct, Woke e le tradizioni. Molto interessanti sono le parole di Giorgio Grignaffini, direttore editoriale di Taodue Film (Gruppo Mediaset) e docente all’Università Cattolica di Milano e allo IULM, all'Huffington Post:

"Il rischio si presenta quando l’esigenza di rispondere ai dettami del politicamente corretto diventa dominante, sacrificando la libertà creativa e la naturalezza del racconto. L'equilibrio è fondamentale per evitare che il contenuto risulti forzato e artificiale agli occhi del pubblico".

Raccontare storie di successo è un lavoro complesso, oggi più che mai. Ma è vero che, alla fine del viaggio, è il pubblico a decretare il successo di una narrazione che cambia sempre nel tempo.

Prendiamo come esempio Biancaneve: è stata pubblicata dai fratelli Grimm nel 1812 nella raccolta Le fiabe del focolare ed è stata, nel tempo, raffinata in modo da eliminare ogni elemento disturbante.

Le storie seguono i tempi e si adattano alle tendenze. L'importante, come ricorda Grignaffini, è evitare che il risulti artificiale. Soprattutto agli occhi del pubblico più importante: i bambini.

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